End of Waste: il Senato “sblocca” le autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti

infografica end of waste

 

Con la conversione in legge del Decreto c.d. “Sblocca Cantieri”, il Senato ha introdotto una norma (l’art. 1, co. 19, della legge 14 giugno 2019, n. 55) che riscrive la disciplina transitoria di cui all’articolo 184-ter, co. 3, del D.Lgs. 152/2006, applicabile nelle more dell’emanazione dei decreti ministeriali per la definizione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (c.d. End of Waste).

In particolare, la norma stabilisce che, nelle more dell’emanazione dei criteri end of waste, la disciplina transitoria a cui fa riferimento il testo vigente (vale a dire le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente datati 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269) continua ad applicarsi in relazione alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti.

La norma prevede inoltre che, in sede di rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti (di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al Titolo III-bis, parte seconda, del D.Lgs. 152/2006), le regioni possono utilizzare, quali criteri end of waste, i parametri indicati nei richiamati decreti ministeriali (D.M. 5 febbraio 1998; D.M. 161/2012; D.M. 269/2005), relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività.

In base alla riscrittura operata dal comma in esame, viene altresì specificato che le citate autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’art. 178 per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell’impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero.

Per garantire l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della norma in esame, viene infine prevista l’emanazione di apposite linee guida da parte del Ministero dell’ambiente (mediante decreto, non avente natura regolamentare).

In sintesi, le modifiche normative introdotte in sede di conversione del decreto “Sblocca Cantieri”, consentono dunque alle Regioni, in via transitoria, di rilasciare le autorizzazioni utilizzando i criteri statali previsti per la venuta ad esistenza delle materie prime secondarie o prodotti mediante procedure agevolate (di cui ai decreti ministeriale 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161 e D.M. 269/2005) limitatamente a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività. Unicamente con riguardo alla quantità di rifiuti dell’impianto da autorizzare, invece, le Regioni potranno individuare specifiche condizioni e prescrizioni in attuazione dei principi di cui all’art. 178 del Codice dell’Ambiente.

Come risulta dai lavori parlamentari, l’esigenza di un siffatto intervento normativo deriva dalla volontà, espressa dal Governo, di superare la situazione di stallo determinatasi in seguito alla decisione adottata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1229/2018.

Con la suddetta pronuncia, infatti, il Consiglio aveva negato il potere, attribuito dal Ministero dell’Ambiente alle regioni e agli enti da esse delegati, di definire criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in sede di autorizzazione, nelle more dell’adozione dei relativi decreti ministeriali.

In assenza di normativa UE, osservava il Collegio, l’attribuzione alle regioni del potere di “declassificazione” del rifiuto in sede di autorizzazione, violerebbe la ripartizione costituzionale delle competenze Stato-Regioni, considerato che la disciplina dei rifiuti ricade nella materia della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di competenza esclusiva statale.

Sulla questione, tuttavia, è successivamente intervenuta la Corte di giustizia dell’UE che, con la sentenza 28 marzo 2019, causa C-60/18, ha affermato, tra l’altro, che l’articolo 6, par. 4, della direttiva 2008/98/CE, relativa ai rifiuti, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale “in forza della quale, qualora non sia stato definito alcun criterio a livello dell’Unione europea per la determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto per quanto riguarda un tipo di rifiuti determinato, la cessazione di tale qualifica dipende dalla sussistenza per tale tipo di rifiuti di criteri di portata generale stabiliti mediante un atto giuridico nazionale” ovvero da “decisioni relative a casi individuali”.

L’intervento della Corte di Giustizia ha così permesso al Senato di introdurre una disciplina volta a perseguire l’efficacia dell’economia circolare nelle more dell’emanazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto.

Resta, tuttavia, da verificare l’effettivo impatto che la novellata disciplina transitoria avrà sugli iter autorizzativi, posto che i parametri previsti dai vecchi decreti sono piuttosto risalenti nel tempo e non comprendono numerose filiere per le quali, dunque, si dovrà attendere l’emanazione dei nuovi decreti ministeriali.

Il testo legislativo è consultabile al seguente link: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2019-06-17&atto.codiceRedazionale=19G00062&elenco30giorni=true