Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera vanno aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo.

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L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, investita della questione – oggetto di contrasti di giurisprudenza – relativa a quale criterio di aggiudicazione debba applicarsi nelle procedure di affidamento di appalti pubblici di servizi, nel caso in cui questi contratti abbiano contemporaneamente caratteristiche di alta intensità di manodopera e siano standardizzate, con sentenza n. 8 del 2019 ha enunciato il principio di diritto secondo cui «gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice».

La questione originava dal fatto che, nell’ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate, vi è un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l’uno o l’altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma.

Come noto, infatti, il comma 2 dell’art. 95 del Codice dei contratti pubblici, prevede la regola generale per cui le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo, o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia.

Sennonché, il seguente comma 3 pone invece una regola speciale, derogatoria di quella generale, in base alla quale per alcuni servizi (tra cui i servizi ad alta intensità di manodopera), è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo.

Al contrario, per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l’elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata».

Si pone quindi un conflitto (o concorso apparente) di norme che, secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, deve essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente.

La soluzione espressa dal Supremo Consesso è conseguenza diretta del carattere speciale e derogatorio della regola di cui al comma 3, rispetto a quella generale di cui al comma 2, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo.

Il ritorno alla regola generale incontra tuttavia un ostacolo insuperabile nella deroga prevista nel comma 3, che impone alle amministrazioni un obbligo anziché una mera facoltà, per cui per effetto di essa in tanto è possibile aggiudicare i contratti di appalto di servizi con caratteristiche standardizzate al massimo ribasso in quanto il servizio non abbia nel contempo caratteristiche di alta intensità di manodopera.

Il testo dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8/2019 è consultabile al seguente link: https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=cds&nrg=201806603&nomeFile=201900008_11.html&subDir=Provvedimenti