Corte Costituzionale: illegittime talune le disposizioni della Regione Sardegna in materia di appalti pubblici

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Con sentenza n. 166 del 9 luglio 2019, la Corte Costituzionale ha accolto il ricorso in via principale promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso la legge della Regione Sardegna n. 8/2018, avente ad oggetto “Nuove norme in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”.

La Consulta – aderendo alle tesi della ricorrente – ha ritenuto che la Regione, nel legiferare in tale materia, abbia travalicato i limiti della propria potestà legislativa.

Si tratta di un pronunciamento di indiscutibile valore, avendo la Corte Costituzionale toccato taluni temi di attuale interesse in materia di appalti pubblici, soprattutto all’indomani della pubblicazione della L. n. 55/2019, di conversione del c.d. ‘Decreto Sblocca-Cantieri’.

In particolare, la Presidenza del Consiglio ha adito la Corte Costituzionale per la declaratoria di illegittimità costituzionale di talune disposizioni regionali regolanti, rispettivamente, il responsabile unico del procedimento, l’albo telematico dei commissari di gara, le linee guida e il codice regionale di buone pratiche, e la qualificazione delle stazioni appaltanti.

Rigettate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Sardegna, la Consulta ha confermato il proprio orientamento in materia di contratti pubblici consolidatosi sotto la vigenza del previgente D.Lgs. n. 163/2006, chiarendo che “[…] le disposizioni del codice dei contratti pubblici regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza; esse inoltre vanno ascritte all’area delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea (sentenze n. 263 del 2016, n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010). Le disposizioni dello stesso codice che regolano gli aspetti privatistici della conclusione ed esecuzione del contratto sono riconducibili all’ordinamento civile (sentenze n. 176 del 2018 e n. 269 del 2014); esse, poi, recano princìpi dell’ordinamento giuridico della Repubblica (sentenze n. 269 del 2014 e n. 187 del 2013) e norme fondamentali di riforma economico-sociale (sentenze n. 74 del 2012, n. 114 del 2011 e n. 221 del 2010)”.

Nel merito, tra le questioni di costituzionalità esaminate dalla Corte Costituzionale, merita rilevare quanto statuito in merito all’art. 37, rubricato “Aggregazione e centralizzazione delle committenze”, e all’art. 38, rubricato “Qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza”.

La statuizione della Corte Costituzionale su tali disposizioni, infatti, assume particolare pregnanza in virtù della sospensione – sino al 31 dicembre 2020 – dell’art. 37, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016 previsto dal c.d. ‘Decreto Sblocca-Cantieri’ in materia di acquisto aggregato e/o centralizzato per i comuni non capoluogo di provincia.

La Consulta, nella pronuncia in esame, ha evidenziato che le disposizioni sopramenzionate rappresentano un “pilastro” del sistema degli acquisti pubblici.

Al riguardo, la Corte Costituzionale ha rilevato come il Legislatore abbia “[…] optato per una scelta decisa a favore della riduzione del numero delle stazioni appaltanti nonché della loro professionalizzazione, cosicché la qualificazione è oggi richiesta non più soltanto agli operatori economici ma anche alle amministrazioni aggiudicatrici, secondo standard predefiniti e sistemi premianti, che consentono, man mano che aumenta il livello di qualificazione, di appaltare opere, lavori e servizi di importo elevato e di maggiore complessità”.

In particolare, “La riduzione, aggregazione, centralizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti risponde a diverse finalità: 1) beneficiare di economie di scala e attribuire alle amministrazioni aggiudicatrici un maggior potere contrattuale; 2) innalzare, anche al fine di favorire la concorrenza, la professionalizzazione e la specializzazione delle stazioni appaltanti; 3) agevolare le missioni dell’ANAC di prevenire fenomeni corruttivi e assicurare la corretta gestione delle commesse pubbliche, mediante la riduzione del novero dei soggetti da controllare”.

La Corte Costituzionale ha concluso, statuendo che “sistema della qualificazione […], anche se incide sull’organizzazione, va inquadrato in un ambito materiale caratterizzato dal concorso delle competenze statali esclusive della tutela della concorrenza, dell’ordine pubblico, e di quella concorrente del coordinamento della finanza pubblica”.

Per consultare la sentenza della Corte Costituzionale clicca il seguente link:

https://www.cortecostituzionale.it/stampaPronunciaServlet?anno=2019&numero=166&tipoView=P&tipoVisualizzazione=O